venerdì 14 giugno 2013

Socio amministratore di srl: l’Inps detta misure operative

di Temistocle Bussino

Premessa
Con la circolare 78 del 14 maggio 2013 l’Inps interviene in maniera concreta e decisa  sull’annosa questione della contribuzione del socio amministratore di srl.
I requisiti per l'iscrizione nella gestione Art/com

Il comma 203 art. 1 legge 662/1996, al quale il comma 208 fa riferimento, prevede che l’iscrizione dei soci di srl nella gestione commercianti è obbligatoria in due casi, quando:

1.    siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia (lettera a) );
2.    partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza (lettera c) ).
In proposito osserviamo come l’attività lavorativa che dà luogo all’obbligo di iscrizione può avere tanto un contenuto organizzativo –direzionale, quanto meramente operativo. Inoltre, in entrambi i casi, il  contenuto della prestazione lavorativa deve essere svolto con una modalità di prevalenza. Quindi l’attività organizzativa o direzionale deve essere svolta con la partecipazione prevalente dei componenti della società ed in questo caso il criterio della prevalenza impone che tale attività sia affidata nella maggior parte del suo contenuto ai soci; ovvero l’attività operativa del singolo socio deve essere, oltre che abituale, prevalente, ed in questo secondo caso il criterio della prevalenza presuppone che lo stesso soggetto svolga almeno due attività, ciascuna delle quali preveda in astratto l’obbligo di iscrizione alla gestione artigiani, commercianti o coltivatori diretti. Tra queste plurime attività di lavoro l’Inps giudica prevalente quella alla quale il soggetto dedica personalmente la maggior quantità di tempo ed iscrive il soggetto nella unica relativa gestione; ma la giurisprudenza ha anche suggerito un criterio analogo, per il quale l’attività prevalente è quella che produce il reddito più elevato.
 Come interpretare il criterio della prevalenza
 “Qualora i soggetti di cui ai precedenti commi esercitino contemporaneamente, anche in un’unica impresa, varie attività autonome …, sono iscritti nel­l’as­sicurazione per l’attività alla quale gli stessi dedicano personalmente la loro opera professionale in misura prevalente”. Quali debbano essere le varie attività autonome richiamate nel comma 208 viene precisato dall’art. 12 del D.L. 78/2010, la norma di interpretazione autentica,  per la quale il criterio di prevalenza di cui al comma 208 si applica unicamente alle attività di commerciante, artigiano o coltivatore diretto ( ad esempio “i commercianti che svolgano anche attività di artigiano, o i coltivatori diretti che vendano i prodotti della coltivazione etc..” secondo la sentenza della Cassazione 3839/12 richiamata nella circolare Inps 78/2013 in commento).
Ora l’Inps ,  nella circolare , prende in esame il caso del socio amministratore di srl, o più in generale di un soggetto che svolga una attività  che lo obbliga all’iscrizione nella gestione separata, ed una sola attività imprenditoriale –commerciante, artigiano o coltivatore diretto- che lo obbliga all’iscrizione nella corrispondente gestione. In questo caso, poiché il soggetto svolge una sola attività imprenditoriale, il criterio della prevalenza non ha ragione di  essere applicato. Così, il socio amministratore di srl, che svolge attività di commerciante nella sua impresa, come amministratore si iscrive nella gestione separata, e come commerciante deve iscriversi anche nella medesima Gestione speciale commercianti a condizione che, in base al comma 203, partecipi “personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità”. Sarebbe in questo caso superfluo e fuorviante il richiamo alla partecipazione prevalente, visto che la sua attività di commerciante è l’unica attività imprenditoriale da lui svolta.  
La centralità del criterio della abitualità
Nel caso del socio amministratore di srl che svolga una sola attività tra quelle di commerciante, artigiano e coltivatore diretto, ai fini dell’obbligo della iscrizione nella corrispondente gestione, diventa cruciale, come sottolinea l’Inps  nella circolare 78/2013, valutare con la massima attenzione il carattere personale e abituale dell’attività lavorativa del socio, come richiesta dal citato comma 203 art. 1 legge 662/96,   L’obiettivo è di ridurre al massimo le occasioni di contenzioso, dal momento che è l’Inps stesso a dover fornire, se richiesto, la prova della legittimità della iscrizione alla gestione previdenziale. Pertanto viene suggerito che la legittimità della iscrizione sia provata, oltre che da idonei documenti, anche da controlli presso le aziende.
Circa la verifica del carattere della abitualità, la circolare offre, oltre al richiamo che l’abitualità va valutata nel contesto del tipo di attività, alcune linee guida:
-         che prestazione abituale non coincide necessariamente con la durata della prestazione, la quale potrebbe essere lunga, ma sporadica; al contrario, assumono grande valore la sistematicità e la reiterazione della prestazione, che potrebbe quindi essere anche di breve durata (ad esempio la vendita di merce online), di poche ore al giorno e non tutti i giorni;
-         che il carattere della abitualità può manifestarsi anche nella realizzazione di un singolo affare diretto al conseguimento di un profitto e che richieda una organizzazione complessa e articolata; in  questo caso emergono i caratteri della abitualità, sistematicità e continuità della attività posta in essere (come osserva l’Agenzia delle Entrate, in risposta a vari quesiti circa le condizioni proprie dell’attività commerciale, nella risoluzione n. 126/2011);  
-         che una certa attenzione va prestata alla presenza o all’assenza di altri dipendenti, secondo il suggerimento della Cassazione, sentenza 11685/2012, che ritiene legittima la valutazione del giudice di merito di ritenere  provata la condizione della abitualità dalla circostanza che l’impresa era affidata al lavoro di due soli soci;
-         che l’attività lavorativa può avere tanto un contenuto esecutivo, quanto un contenuto organizzativo e direzionale, contenuti che vanno indagati entrambi
4.Riduzione degli oneri accessori delle sanzioni civili
Ricordiamo che la vicenda dell’obbligo della doppia o della singola  iscrizione del socio amministratore di srl è stata oggetto di orientamenti contrastanti a partire dall’entrata in vigore della norma, nel 1996, e fino alla  definitiva chiusura dei contrasti, avvenuta con decorrenza 31 luglio 2010 ad opera della legge 122/2010 che ha convertito il D.L. 78/2010. Come visto, questa norma ha sancito l’obbligo della doppia iscrizione. Ma la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, sentenza 3240/2010  si era invece espressa per la contribuzione unica.

In virtù di queste tormentate vicende, molti operatori possono avere omesso o ritardato il pagamento dei contributi previdenziali dovuti. In questo caso  l’Istituto ritiene di imputare questo comportamento degli operatori ad oggettive incertezze di natura giurisprudenziale, secondo quanto previsto  dal comma 15 lettera a) prima parte dell’art. 116 della legge 388/00 e di essere quindi clemente nella irrogazione degli oneri  accessori delle sanzioni. In  ragione di ciò, l’Inps dispone, su richiesta degli operatori, e limitatamente alle pratiche non ancora definite, la riduzione della misura degli interessi legali delle sanzioni civili, relative ai casi di mancato o ritardato pagamento dei contributi, che  avrebbero dovuto  essere versati entro il 31 luglio 2010. 

mercoledì 3 aprile 2013

La riforma degli Ammortizzatori sociali : scatta l’ASPI


La riforma degli Ammortizzatori sociali : scatta l’ASPI  
Temistocle Bussino

La Legge 28 giugno 2012, n. 92 disciplina agli articoli 2, 3 e in parte  all’art. 4 il nuovo sistema di tutele sociali con l'espresso obiettivo di rendere «più efficiente, coerente ed equo l'assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive in una prospettiva di universalizzazione e rafforzamento dell'occupabilità delle persone». La normativa distingue tali tipi di tutele tra quelle destinate a operare in costanza di rapporto (cfr. art. 3 della Riforma Fornero dal titolo «Tutele in costanza di rapporto») e quelle, invece, attivabili solo una volta cessato il rapporto di lavoro (cfr. art. 2 della Riforma Fornero dal titolo «Ammortizzatori sociali»).
Dal 2013, dunque, entra in vigore l’ Aspi, assicurazione sociale per l’impiego, in sostituzione dell’indennità di disoccupazione, e sarà pienamente operativa dal 2017, quando sostituirà anche la mobilità.  In massima parte beneficiari dell’Aspi saranno i lavoratori che avranno  perduto il reddito da lavoro per disoccupazione involontaria (riforma del lavoro  L. 92/2012, art 2 comma 4), compresi gli apprendisti e i soci lavoratori di cooperative (nelle tutele  rientrano anche l’ ipotesi  di dimissioni per giusta causa , come chiarito dalla circolare n. 142/2012 dell’Inps).
Come è noto, questa sostituzione  avverrà dopo un periodo di transizione diverso per la disoccupazione e per la mobilità. In particolare, per la disoccupazione, nel periodo transitorio che durerà fino al dicembre 2015, l’Aspi sarà subito applicata, a partire dal 2013, soltanto per il calcolo della indennità, la cui durata sarà invece sottoposta – anche per questo anno -  ancora alle regole vigenti. Per la mobilità,  il passaggio all’Aspi sarà graduato in base alla età del soggetto posto in mobilità e alla sua collocazione geografica e, soltanto dal 2017,  il calcolo e la durata della indennità saranno fedeli alle regole dell’Aspi (art 2 comma 46 legge 92/2012). A regime, la durata massima dell’indennità sarà di 12 mesi per i lavoratori sotto i 55 anni e di 18 mesi per quelli di età pari o superiore ai 55. Va ricordato che cambiano completamente anche le regole per l’indennità con i requisiti ridotti che ora si chiama Mini Aspi. 


La nuova indennità di disoccupazione Aspi
La nuova Aspi viene erogata secondo due tipologie di assegno mensile Inps:
  • L’Assicurazione sociale per l’Impiego (ASPI) per chi è in possesso dei requisiti normali;
  • La Mini Aspi per chi è in possesso dei requisiti ridotti.
L’erogazione dell’Aspi parte dal 1 gennaio 2013.
La nuova Assicurazione sociale per l’impiego partirà dal 1 gennaio del 2013, sostituendo da subito:
  • l’indennità di disoccupazione non agricola a requisiti normali;
  • l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti;
  • la disoccupazione speciale edile;
  • ed entrerà a regime sostituendo del tutto l’indennità di mobilità nel 2017.
Lavoratori beneficiari dell’Aspi.
La prestazione previdenziale introdotta a partire dal 2013 riguarderà lo stato di disoccupazione involontaria (per licenziamento o dimissioni per giusta causa) dei seguenti lavoratori aventi diritto a presentare la domanda:
  • tutti i lavoratori dipendenti del settore privato;
  • compreso gli apprendisti, i soci di cooperativa, i lavoratori a domicilio;
  • i lavoratori del settore pubblico con contratto di lavoro dipendente non a tempo indeterminato (quindi a tempo determinato o con contratto di formazione e lavoro, ecc.);
  • gli impiegati del settore agricolo;
  • il personale artistico, teatrale e cinematografico (con rapporto di lavoro subordinato).

Requisiti per l’indennità di disoccupazione Aspi

Ai lavoratori che rientrano nell’elenco dei destinatari di cui sopra viene erogata l’indennità di disoccupazione Aspi, in vigore dal 2013 ricordiamo, se sono in possesso dei seguenti requisiti:
  • Stato di disoccupazione involontaria;
  • 2 anni di anzianità assicurativa;
  • Almeno un anno di contributi (52 settimane) nei due anni precedenti.

Sono praticamente gli stessi requisiti richiesti finora per l’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola in vigore fino al 31 dicembre 2012, poi abrogata dalla riforma del mercato del lavoro che ha introdotto l’Aspi. 



Anzianità 
Il lavoratore che rientra tra gli aventi diritto, oltre ad avere uno stato di disoccupazione involontaria (ed essere andato al Centro per l’impiego ad attestare la sua disponibilità al lavoro) deve possedere anche due anni di assicurazione presso l’Inps per avere l’indennità di disoccupazione Aspi con requisiti ordinari. Ossia la nuova Assicurazione sociale per l’impiego. Devono essere trascorsi almeno due anni dal versamento del primo contributo contro la disoccupazione all’Inps. Il biennio si calcola a decorrere dal primo giorno in cui il lavoratore risulta disoccupato. L’Inps nella circolare n. 142 del 18 dicembre 2012 fornisce un esempio: lavoro cessato il 13 gennaio 2012; il primo giorno da disoccupato è il 14 gennaio 2012; il biennio andrà calcolato a ritroso dal 14 gennaio 2012 (fino, quindi, al 14 gennaio 2010) e a tale data (14 gennaio 2010) o antecedentemente deve essere presente almeno un contributo di DS (contributo Ds anche per un solo giorno che comunque si considera come una settimana coperta da contribuzione DS).
Contribuzione
Le 52 settimane di contributi versati nel biennio. L’Aspi con requisiti ordinari è erogata a coloro che possano far valere almeno un anno di contribuzione contro la disoccupazione (contributo DS e/o contributo ASpI) nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione.
Ai fini del diritto sono valide tutte le settimane retribuite, purché per esse risulti, anno per anno, complessivamente erogata o dovuta una retribuzione non inferiore ai minimali settimanali. La disposizione relativa alla retribuzione di riferimento non si applica ai lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari, agli operai agricoli e agli apprendisti per i quali continuano a permanere le regole vigenti.
Per le nuove tipologie di lavoratori assicurati, che non hanno precedente contribuzione contro la disoccupazione, poiché il nuovo contributo ASpI è dovuto a partire dal 1 gennaio 2013, solo da tale data iniziano a maturare l’anzianità assicurativa e il requisito contributivo; l’eventuale e precedente contribuzione contro la disoccupazione, versata o dovuta, continua a produrre i suoi effetti ai fini dell’accertamento dei requisiti soggettivi per l’ammissione alla nuova indennità di disoccupazione.
A titolo esemplificativo un lavoratore appartenente alle nuove categorie, quale un socio dipendente dal 1 gennaio 2013 di una cooperativa, per il quale risultasse dovuto il contributo contro la disoccupazione derivante da precedenti rapporti di lavoro, può farlo valere per la verifica dei requisiti richiesti necessaria per ottenere una eventuale nuova tutela di disoccupazione.

Contributi utili e individuazione del biennio per i requisiti Aspi

Chiarito che per il diritto all’Aspi con requisiti ordinari sono necessari due anni di assicurazione nell’estratto conto previdenziale personale dell’Inps, chiarito che sono necessarie 52 settimane di contributi contro la disoccupazione versati dal datore di lavoro, ora sorge la necessità di stabilire quali contributi sono utili per il calcolo delle 52 settimane e come si individua il biennio entro il quale il lavoratore deve avere le 52 settimane accreditate. A chiarire questi aspetti è la circolare Inps n. 142 del 2012.
Contribuzione utile ed individuazione del biennio per il diritto.
Per contribuzione utile al diritto si deve intendere anche quella dovuta ma non versata, in base al principio della c.d. automaticità delle prestazioni (ex art. 2116 c.c.). Cioè il lavoratore ha diritto alla prestazione da parte dell’Inps anche se il datore di lavoro non ha versato i contributi. La precedente contribuzione, versata o dovuta, contro la disoccupazione è considerata valida ai fini dell’indennità di disoccupazione ASpI e della mini-ASpI.

Durata dell’indennità di disoccupazione Aspi 2013 e a regime dal 2016

Sulla durata dell’Assicurazione sociale per l’impiego con requisiti normali, la normativa della riforma del lavoro prevede un periodo transitorio, ossia un graduale aumento della durata della prestazione, collegata all’età anagrafica del lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, distribuito nell’arco degli anni 2013, 2014 e 2015. Dal 2016 parte l’Aspi a pieno regime.
Nel periodo transitorio la durata massima legale, in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2015, è disciplinata in maniera diversa, anno dopo anno. Vediamo le varie durate nel triennio di periodo transitorio.


Durata dell'Aspi ( ex indennità di disoccupazione) nella fase transitoria (1° gennaio 2013 31 dicembre 2015) e dal 1° gennaio 2016 in cui diverrà operativa a pieno regime
Anno

Età del dipendente

Durata Aspi

2013

Inferiore a 50 anni

8 mesi

Pari o superiore a 50 anni

12 mesi

2014

Inferiore a 50 anni

8 mesi

Compresa tra 50 e 54 anni

12 mesi

Superiore a 54 anni

14 mesi*

2015

Meno di 50 anni

10 mesi

Compresa tra 50 e 54 anni

12 mesi

Superiore a 54 anni

16 mesi

2016

Inferiore a 55 anni

12 mesi

Pari o superiore a 55 anni

18 mesi*

* Nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi 2 anni


La mini-ASpI
In sostituzione dell’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, dal 1° gennaio 2013
viene introdotta la mini-ASpI, per coloro che non possono vantare i requisiti soggettivi di cui
sopra ma almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi. L’indennità, di importo pari a quello dell’ASpI, viene liquidata per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione nell’ultimo anno, detratti i periodi già fruiti nel medesimo periodo. Alla mini-ASpI si applica quasi integralmente la disciplina dell’ASpI, compresa la possibilità di chiederne l’anticipo per intraprendere attività autonome o d’impresa, fatto salvo il caso di rioccupazione del soggetto indennizzato, per il quale è prevista la sospensione del trattamento fino ad un massimo di 5 giorni.

Indennità di mobilità ordinaria.
Come illustrato dalla circolare n. 2/2013, l’ articolo 2, comma 71 della legge di riforma dispone l’abrogazione, a decorrere dal 1 gennaio 2017, degli articoli da 6 a 9 della legge 23 luglio 1991 n. 223 che disciplinano rispettivamente: la lista di mobilità, l’indennità di mobilità, il collocamento dei lavoratori in mobilità e la cancellazione del lavoratore dalle liste di mobilità.
Pertanto, i lavoratori licenziati a far data dal 31 dicembre 2016 non potranno più essere collocati in mobilità ordinaria, in quanto l’iscrizione nelle liste decorre dall’ 1 gennaio 2017, giorno successivo alla data di licenziamento. I suddetti lavoratori, quindi, potranno beneficiare a tale data, ricorrendone i requisiti, esclusivamente dell’indennità di disoccupazione (ASpI) o della mini AspI, ancorché provenienti da una procedura di licenziamento collettivo.
Al fine di garantire un graduale passaggio dal vecchio al nuovo sistema di prestazioni a tutela del reddito, l’art. 2, comma 46, della legge di riforma - come modificato dall’art 46 bis comma 1 lettera e) del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 - introduce un regime transitorio, prevedendo per i lavoratori collocati in mobilità a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre del 2016 una graduale riduzione della durata dell’indennità.



Lavoratori collocati in mobilità
Dal 1/1/2013 al 31/12/2014
Dal 1/1/2015 al 31/12/2015
Dal 1/1/2016 al 31/12/2016
Dal 1/1/2017
Mobilità
Mobilità
Mobilità
Disoccupazione (AspI)
Durata in mesi
Durata in mesi
Durata in mesi
Durata in mesi
Centro Nord fino a 39 anni
12
12
12
12
Centro Nord da 40 a 49 anni
24
18
12
12
Centro Nord da 50 anni in su
36
24
18
12/18
Sud fino a 39 anni
24
12
12
12
Sud da 40 a 49 anni
36
24
18
12
Sud da 50 anni in su
48
36
24
12/18

Il previsto regime transitorio sulla durata dell’indennità di mobilità, tuttavia, potrà essere oggetto di eventuale revisione. Infatti, in base a quanto disposto dall’art. 2 comma 46 bis - introdotto dall’art 46 bis comma 1 lettera f) del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134 - il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, entro il 31 ottobre 2014 procederà, insieme alle Organizzazioni sindacali più rappresentative, ad una ricognizione della corrispondenza della predetta disciplina transitoria con le prospettive economiche ed occupazionali a detta data, proponendo, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, eventuali conseguenti iniziative.
Durante detto periodo transitorio, per la determinazione dei regimi di durata previsti nei diversi anni del quadriennio 2013 – 2016, continua ad essere applicato il criterio della data di licenziamento del lavoratore. Ciò precisato, appare opportuno evidenziare che – relativamente al predetto regime transitorio - nulla viene modificato riguardo alla durata attuale della prestazione per i lavoratori collocati in mobilità fino al 31 dicembre 2014.
Per il periodo successivo, e cioè dal 1 gennaio 2015 al 31 dicembre 2016, la durata della prestazione di mobilità subirà le riduzioni come evidenziate nella tabella, salvo gli esiti della predetta ricognizione di cui al citato art. 2, comma 46 bis, legge 134 del 2012.

1.      la disposizione di cui all’art. 7, comma 4 della legge n. 223 del 1991 relativa alla durata della prestazione che non può essere superiore all’anzianità aziendale maturata dal lavoratore;
2.      i requisiti oggettivi e soggettivi del lavoratore come disciplinati dalla legge 223 del 1991;
3.      i seguenti istituti della mobilità ordinaria:
a) la necessaria presentazione della domanda entro i termini decadenziali di 68 giorni dalla data del licenziamento;
b) la determinazione della decorrenza della prestazione;
c) l’importo della prestazione che continuerà ad essere ricavato utilizzando la retribuzione teorica presente in uni-emens come riportato nella circolare Inps n.115 del 2008;
d) le sospensioni e i relativi slittamenti;
e) la disciplina della incompatibilità, compatibilità, cumulabilità;
4. la disciplina dell’assegno al nucleo familiare, che continua ad essere riconosciuto ai sensi dell’art. 2 del decreto, legge 13 marzo 1988, n. 69 convertito con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153.

Ai fini della verifica della compatibilità e cumulabilità della prestazione di mobilità in caso di svolgimento di attività lavorativa sia in forma autonoma che parasubordinata, il lavoratore deve comunicare all’INPS l’inizio della attività lavorativa. Tuttavia, l’ art. 1, comma 32, lett. a) della legge di riforma come integrato dall’art. 46 bis, lett. d) della legge 134 del 2012 ha previsto che, per l'anno 2013, le prestazioni di lavoro accessorio possano essere rese, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali nel limite massimo di 3.000 euro (al netto dei contributi previdenziali) di corrispettivo per anno solare, da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito. Ha previsto inoltre che l'INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio.

Le novità sulla CIGS
Con la circolare n. 1/2013 l’Inps ha esaminato le modifiche introdotte dalla L. n. 92/2012  all’attuale sistema delle tutele in costanza di rapporto di lavoro. Innanzitutto, l’Istituto ricorda che la riforma ha incluso, tra le imprese destinatarie del trattamento di integrazione salariale straordinario (CIGS), alcune tipologie prima ammesse solo annualmente con specifici provvedimenti legislativi. Inoltre, la L. 92/2012 ha messo a regime l’indennità di mancato avviamento al lavoro per i lavoratori del settore portuale e ha modificato i requisiti per la concessione del predetto trattamento per le imprese in procedura concorsuale.
Settori tutelati
La Riforma del lavoro rende finalmente strutturale, a partire dal 2013, l’applicazione della
Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) e dei relativi oneri contributivi (0,90% a
carico del datore di lavoro) ad alcuni settori che da molto tempo ne beneficiano mediante
provvedimenti temporanei reiterati di anno in anno; i settori interessati sono i seguenti:
a) imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti;
b) agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti;
c) imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti;
d) imprese del trasporto aereo a prescindere dal numero dei dipendenti;
e) imprese del sistema aeroportuale a prescindere dal numero dei dipendenti.
Scendendo nel dettaglio, la circ. n. 1/2013 ricorda che l’art. 3, comma 1 della L. 92/2012, inserendo il comma 3-bis all’art. 12 della L. 223/91, prevede che, dal 1° gennaio 2013, le disposizioni in materia di trattamento straordinario d’integrazione salariale e i relativi obblighi contributivi sono estesi ai suddetti settori e che fino al 31 dicembre 2012, infatti, tali tipologie hanno avuto accesso al trattamento di integrazione salariale straordinario sulla base di finanziamenti specifici, autorizzati annualmente nelle leggi di stabilità. I decreti direttoriali di concessione del trattamento CIGS in base all’art. 12, comma 3-bis della L. 223/91, adottati a partire dal 1° gennaio 2013, saranno poi inseriti a cura della Direzione centrale prestazioni a sostegno del reddito nella procedura di gestione dei decreti di concessione e classificati con appositi codici identificativi.
Cigs e procedure concorsuali  
Dal 2016 la Cigs verrà soppressa in caso di impresa fallita, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni e nelle ipotesi di aziende sottoposte a sequestro o confisca.Per ciò che concerne, infatti, le aziende interessate da procedure concorsuali, l’art. 2, comma 70 della riforma del lavoro, come modificato dall’art 46-bis, comma 1, lett. h), del DL 83/2012 convertito, introduce due importanti novità. In primo luogo – spiega la circolare n. 1/2003 - vengono modificati i requisiti per concedere il trattamento straordinario d’integrazione salariale, che potrà riguardare solo le aziende per le quali “sussistano prospettive di continuazione o di ripresa dell’attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione”. Al riguardo, con decreto del Ministero del Lavoro, in corso di definizione, vanno individuati i “parametri oggettivi” sulla base dei quali, nella fase istruttoria, sarà valutata l’ammissibilità della concessione d’integrazione a queste tipologie di impresa. Dal 1° gennaio 2016, viene poi abrogato l’art. 3 della L. 223/1991 e, quindi, l’intervento straordinario d’integrazione salariale per le imprese assoggettate a procedure concorsuali non sarà più concedibile.
La dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro
Ancora, l’Inps sottolinea che l’art. 4, comma 47 della riforma abroga, a partire dal 18 luglio 2012, la normativa che subordina il diritto a percepire qualsiasi trattamento di sostegno al reddito al rilascio, da parte del richiedente, della dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale (DID), di cui all’art. 19, comma 10 del DL n. 185/2008 convertito. Quindi, i lavoratori sospesi, beneficiari della tutela del sostegno a reddito in costanza del rapporto di lavoro, non sono più tenuti a rilasciare la predetta dichiarazione al datore di lavoro e quest’ultimo non deve più raccogliere e conservare le dichiarazioni (mod. SR105) sottoscritte dai lavoratori interessati al trattamento d’integrazione salariale.
Infine, in base all’art. 4, comma 40 della L. 92/2012, la prestazione in costanza di rapporto di lavoro decade se il beneficiario rifiuta di essere avviato a un corso di formazione o riqualificazione o non lo frequenti regolarmente senza giustificato motivo. Il successivo comma 42 specifica che la decadenza si verifica quando le attività di formazione o di riqualificazione si svolgono in un luogo che non dista più di 50 km dalla residenza del lavoratore o comunque è raggiungibile con mezzi di trasporto pubblici mediamente in 80 minuti. In tali ipotesi, se è dichiarata la decadenza dalla prestazione, rimangono salvi i diritti già maturati.
Il calcolo Aspi

La circolare n. 142/2012 dell’Inps spiega che l’indennità Aspi è rapportata ad una nuova base di calcolo determinata dalla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive, divisa per il totale delle settimane di contribuzione indipendentemente dalla verifica del minimale e moltiplicata per il coefficiente numerico 4,33. L’Inps ha spiegato che , ai fini di detto calcolo saranno considerate tutte le settimane, indipendentemente dal fatto che esse siano interamente o parzialmente retribuite. Dopo aver verificato le retribuzioni contributive relative ai due anni precedenti  si può calcolare la retribuzione media settimanale dividendo la retribuzione totale per  il numero di settimane contributive maturate nel biennio, corrispondenti in genere al numero di settimane di prestazione lavorativa. Moltiplicando questo importo settimanale per 4,33, ossia per il numero medio di settimane in un mese (52/12),si ottiene la retribuzione media mensile, su cui si basa il calcolo dell’Aspi.  Se questa retribuzione mensile  non supera l’importo annualmente rivalutabile di 1180 euro, l’Aspi è pari al 75% della retribuzione; al massimo quindi sarà di 885 euro, che è il 75% di 1180. Se la retribuzione base supera 1180 euro, allora l’Aspi sarà data dalla somma dell’Aspi su 1180 (885 euro) e del 25% di quanto eccede 1180. In ogni caso, l' Aspi non può superare l’importo della indennità straordinaria di cassa integrazione che per il 2012 è di 1119,32 euro, importo anche questo rivalutabile. Queste regole di calcolo danno luogo al trattamento iniziale dell’Aspi, soggetto a ridursi del 15% dopo 6 mesi e di un ulteriore 15% dopo ancora 6 mesi.


                                                       Il calcolo dell’Aspi

ESEMPIO di calcolo dell’ASPI in relazione alla soglia retributiva € 1.180
INDENNITA’ ASPI
·        Retribuzione complessiva nei due anni precedenti il licenziamento € 23.000
·        Numero settimane di contribuzione 104 = 52 settimane per 2 anni
·        Retribuzione media settimanale € 221,15 =  € 23.000/104
·        Retribuzione media mensile € 957,58 =  221,15 * 4,33
·        ASPI € 718,18 = € 957,58 *75/100

Esempio di calcolo dell’ASPI in relazione alla soglia retributiva sopra € 1.180INDENNITA’ ASPI
·        Retribuzione complessiva nei due anni precedenti il licenziamento € 35.000
·        Numero settimane di contribuzione 104 = 52 settimane per 2  anni
·        Retribuzione media settimanale € 336,54 = € 35.000/104
·        Retribuzione media mensile € 1.457,22 = € 336,54*4,33
·        ASPI (75% *1.180) + [25%* (1.457,22- 1.180)] = € 885 + 69,30 uguale € 954,30

L’Aspi ha un limite massimo : è l’importo della integrazione salariale massima prevista per la Cassa integrazione guadagni straordinaria. L’ indennità mensile non può in ogni caso superare l’importo mensile massimo di integrazione salariale (per l’anno 2012: 1.119,32 ).

Esempio di massimale
·        Immaginiamo che per il 2013 sarà di 1150.
·        Se la retribuzione media mensile di riferimento è pari ad euro 2.300 , l’Aspi è la somma del 75% di 1180 = 885 + il 25% della differenza tra 2.300 e 1.180 (1.120) = 280
·        Il totale Aspi è 885 + 280 =1165, superiore, tuttavia, all’importo massimo erogabile dell’Aspi ipotizzato in euro 1.150 e quindi bisognerà rapportarlo a quest’ultimo importo.

Fondo di solidarietà bilaterali
L’ art. 3, commi 4 e 31, della L. n. 92/2012 prevede la possibilità, per le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di stipulare accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi ad oggetto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali per i settori non coperti dalla normativa in materia di Cig e Cigs , “con la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria”.
Il sistema prevede un modello "principale" (art. 3, commi 413, legge n. 92/2012), che ripropone, in sostanza, l'esperienza dei fondi costituiti presso l'Inps ai sensi dell'articolo 2, comma 28 della legge n. 662/1996; un modello "alternativo" (art. 3, comma 14, legge n. 92/2012), che intende valorizzare i sistemi consolidati di bilateralità; oltre a un fondo di solidarietà residuale (art. 3, comma 19, legge n. 92/2012).
Fondi di solidarietà bilaterali per settori non coperti da CIG
La Riforma delinea lo strumento fondamentale inteso a garantire adeguate forme di tutela in costanza di rapporto ai lavoratori dei comparti non soggetti alla CIG. Per fare questo le organizzazioni imprenditoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale sono invitate, entro 6 mesi dall’entrata in vigore della  legge (18 gennaio 2013, termine ultimo che però è slittato al 18 luglio 2013 a seguito delle novità introdotte dalla Legge di stabilità, Legge n. 228 del 2012 ), a stipulare accordi collettivi, anche intersettoriali, per la costituzione di Fondi di solidarietà bilaterali che assicurino un sostegno al reddito nei casi riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, analogamente a quanto previsto dalla normativa CIG. Entro 3 mesi dalla stipula dell’accordo, un decreto del ministro del Lavoro, di concerto col Ministro dell’Economia, provvederà all’istituzione del fondo come gestione speciale dell’INPS, recependo l’ambito di applicazione stabilito dagli accordi. L’istituzione dei fondi in parola è obbligatoria per tutti i settori non coperti da CIG in relazione alle imprese che occupano mediamente più di 15 dipendenti; tale soglia dimensionale è verificata mensilmente con riferimento alla media del semestre precedente;
prestazioni e relativa contribuzione non sono dovute per i dirigenti, se non espressamente
previsto. La delega affidata alle parti sociali, non impedisce al Legislatore di fissare alcune condizioni precise :
- viene stabilito che i fondi “assicurano almeno la prestazione di un assegno ordinario di importo pari all’integrazione salariale, di durata non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili da computarsi in un biennio mobile. Risulta evidente che la misura di 1/8 corrisponde a 3 mesi in un biennio, quindi molto inferiore a quella assicurata dalla CIG (12 mesi nel biennio mobile);
- le aliquote di contribuzione ordinaria sono ripartite per 2/3 a carico del datore di lavoro e
per 1/3 a carico del lavoratore;
- ai contributi di finanziamento si applicano le disposizioni vigenti in tema di contribuzione
previdenziale obbligatoria;
- il datore che ricorre alle prestazioni di sostegno al reddito per riduzione o sospensione
dell’attività lavorativa, è chiamato a versare al fondo un contributo addizionale calcolato
in rapporto alle retribuzioni perse, nella misura stabilità dai decreti ministeriali e
comunque non inferiore all’1,5%;
- i fondi hanno l’obbligo del pareggio di bilancio, non possono erogare prestazioni in
carenza di disponibilità ed hanno l’onere di formulare bilanci di previsione a 8 anni, basati
sullo scenario macroeconomico risultante dai documenti di economia e finanza.
I fondi bilaterali possono perseguire finalità ulteriori rispetto a quella principale, imponendo
la corrispondente contribuzione straordinaria, e precisamente: dovranno :
a) assicurare ai lavoratori una tutela in caso di cessazione del rapporto di lavoro integrativa rispetto all'Aspi;
b) prevedere la corresponsione di assegni straordinari per il sostegno del reddito, riconosciuti nel
quadro di processi di agevolazione all'esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei cinque anni successivi;
c) contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con appositi fondi nazionali e comunitari.

Fondi di solidarietà alternativi
In alternativa ai fondi di cui al punto precedente, la Riforma prevede la possibilità che nei settori non coperti da CIG dove sono già operanti consolidati sistemi di bilateralità, quale quello dell’artigianato, le organizzazioni datoriali e sindacali possano adeguare le fonti istitutive dei fondi bilaterali già esistenti alle finalità perseguite dalla Riforma, al fine di garantire forme di tutela in costanza di rapporto nei casi riduzione o sospensione dell’attività lavorativa( in data 30 novembre 2012 è stato firmato da Confartigianato Imprese, Cna, Casartigiani, Claai e Cgil, Cisl , Uil l’accordo nel settore dell’artigianato).
A tale scopo gli accordi e i contratti collettivi definiscono:
a) un’aliquota complessiva di contribuzione non inferiore allo 0,20%;
b) le tipologie di prestazioni in funzione delle disponibilità del fondo;
c) l’adeguamento dell’aliquota in funzione dell’andamento della gestione ovvero la rideterminazione dell’entità delle prestazioni, anche alla luce dell’andamento del settore e più in generale dell’economia del Paese;
d) possibilità di far confluire nel fondo di solidarietà una quota parte del contributo previsto per il fondo interprofessionale di formazione;
e) criteri e requisiti per la gestione delle risorse.
I fondi di solidarietà alternativi, che non assumono la veste di gestioni speciali dell’INPS, ma rimangono interamente nella disponibilità delle parti sociali, hanno pur sempre una valenza pubblica, in funzione degli scopi che perseguono nell’ambito complessivo Riforma; per questo la norma prevede che con decreto di natura non regolamentare del Ministro del Lavoro, di concerto col Ministro dell’Economia e sentite le parti sociali istitutive, siano dettate disposizioni per determinare i requisiti di professionalità ed onorabilità dei soggetti preposti alla gestione, i criteri e i requisiti per la gestione contabile dei fondi e altre misure per rafforzare la funzione di controllo sulla loro corretta gestione.
Anche i fondi di solidarietà alternativi, pur avendo maggiore autonomia, hanno l’obbligo del pareggio di bilancio e non possono erogare prestazioni in carenza di disponibilità; anch’essi operano nei limiti delle risorse già acquisite.

Fondo di solidarietà residuale
La Riforma Fornero specifica, inoltre, che per i datori di lavoro che occupino più di 15 dipendenti, non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, i quali non abbiano stipulato accordi collettivi per l'istituzione di un fondo di solidarietà bilaterale, dovrà essere istituito un fondo di solidarietà “residuale”, cui contribuiranno sia i datori di lavoro sia i lavoratori. Al pari degli altri fondi di solidarietà, il fondo “residuale” dovrà essere istituito con decreto ministeriale che determinerà, tra l'altro, l'ammontare delle aliquote di contribuzione. Il fondo di solidarietà residuale è finanziato dai contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori (nella misura di 2/3 e 1/3). Anche le finalità e le prestazioni del fondo “residuale” sono analoghe a quelle dei restanti fondi di solidarietà: vale a dire la corresponsione di un assegno ordinario di importo pari all'integrazione salariale (di durata, nello specifico, non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili in un biennio mobile) nonché, ove concordato tra le parti, le “ulteriori” prestazioni erogabili dai fondi di solidarietà. Infatti, i fondi “assicurano almeno la prestazione di un assegno ordinario di importo pari all’integrazione salariale” e che sia “almeno” di “durata non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile”. In sostanza tale prestazione, al fine di garantire “adeguate” forme di sostegno al reddito  non può non assicurare un intervento di durata “almeno pari ad un ottavo delle ore lavorabili” ( interpello Ministero del lavoro  n. 39/2012). A tal proposito, modificando l’articolo 3 , commi 31 e 32  della legge 28 giugno 2012, n. 92, la Legge di Stabilità (comma 251) oltre a confermare la durata minima dell’indennità, stabilisce anche le regole che stabiliscono a durata massima dell’erogazione della stessa ( non dovrà essere comunque superiore alle durate massime previste dall’articolo 6, commi primo, terzo e  quarto della legge 20 maggio 1975, n. 164) e cioè sino a 12 mesi. Inoltre i fondi potranno erogare prestazioni integrative in termini di importi o durate rispetto, non più a quanto garantito dall’Aspi ( come prevedeva la Legge Fornero), ma rispetto alle prestazioni pubbliche previste in caso di cessazione dal rapporto di lavoro.  Ovvero potranno prevedere  prestazioni integrative, in termini di importo, in relazione alle integrazioni salariali.
La contribuzione di finanziamento dell’Aspi
La nuova Assicurazione sociale per l'impiego è finanziata (art. 2, commi 25 e successivi ­Inps, circ. n. 140 del 14 dicembre 2012 dai seguenti contributi/oneri posti a carico del datore di lavoro (decorrenza: periodi contributivi maturati a decorrere dall'1.1.2013). Per il finanziamento delle assicurazioni ASpI e mini ASpI, la legge n. 92/2012 dispone l’obbligo di versamento delle seguenti contribuzioni:
  • ordinario (art. 2, co. 25-27 e co. 36);
  • addizionale (art. 2 co. 28-30);
  • contributo dovuto in caso di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni (art. 2, co. 31-35).
·          
·         Il costo per le aziende  per finanziare l’Aspi – circolare Inps n. 140/2012
·         Per il finanziamento delle assicurazioni ASpI e mini ASpI, la legge n. 92/2012 dispone l’obbligo di versamento delle seguenti contribuzioni: ordinario, addizionale, contributo dovuto in caso di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni
·         Contributo ordinario
·         A decorrere dal 1° gennaio 2013  i datori di lavoro sono tenuti a versare un contributo complessivo pari all’1,61% (1,31% + 0,30%) della retribuzione imponibile ( contributi già in vigore di cui agli artt. 12, sesto comma, e 28, primo comma, della legge n. 160/75). Sono confermate eventuali riduzioni del costo del lavoro
·         Contributo ordinario Apprendisti.
·         A decorrere dal 1°gennaio 2013  è dovuto dai datori di lavoro, un contributo pari all’1,31% della retribuzione imponibile a cui sommare anche l‘aliquota dello 0,30%. La contribuzione ASpI per gli apprendisti si attesterà in misura pari al 1,61%, in analogia a quanto avviene per gli altri lavoratori dipendenti.
·         Contributo addizionale per i contratti a tempo determinato.
·         Dal 1° gennaio 2013 scatta un contributo addizionale, pari all’1,40% della retribuzione imponibile. La contribuzione complessivamente dovuta per l’Aspi si attesterà in misura pari al 3,01% (1,61% + 1,40%) della retribuzione imponibile, fatte salve eventuali riduzioni del contributo. Il contributo addizionale riguarderà, in genere, tutti i rapporti di lavoro non a tempo indeterminato in essere al 1 gennaio 2013 e non solamente quelli instaurati a far tempo dalla medesima data. Il contributo non è dovuto per i lavoratori assunti a termine per coloro  assunti in sostituzione di lavoratori assenti e per lo svolgimento delle attività stagionali. Il Ministero del lavoro, con l’interpello n. 42/2012, ha sottolineato che le imprese che svolgono un'attività a carattere stagionale, così individuata dai contratti collettivi o avvisi comuni formalizzati entro la fine del 2011, sono esonerati da tale contributo.
·         Ticket licenziamento
·         Si verserà il 41% del massimale mensile Aspi per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni.
A) Contribuzione ordinaria
­Aliquota pari all’ 1,31% delle retribuzioni imponibili dei lavoratori. Trattasi del precedente contributo DS, al netto dello 0,30% dovuto ai fondi interprofessionali per la formazione, che comunque anch'esso continua ad essere dovuto e che deve essere versato anche per i soggetti che per la prima volta entrano nella sfera di applicazione della disoccupazione ­ Aspi. Conseguentemente, per i destinatari dell'Aspi, i datori di lavoro sono tenuti a versare complessivamente un contributo pari all'1,61% (aliquota corrispondete a quella previgente per la DS);

Restano in vigore gli attuali abbattimenti (che possono incidere sul contributo dell'1,31% Aspi ex DS e non sul contributo per la formazione 0,30%) disposti dalle seguenti disposizioni di legge: art. 120, legge n. 388/2000; art. 1, comma 361, legge n. 266/2005; Dl n. 203/2005, legge n. 248/ 2008 (misura compensativa per la perdita della disponibilità del Tfr). Le riduzioni di cui alla legge n. 388/2000, e alla legge n. 266/2005 trovano applicazioni per intero anche per i soggetti per i quali per la riduzione non sia stata applicata per mancata capienza delle aliquote vigenti:

Settore
Riduzioni leggi n. 388/2000 e n. 266/2005
Aliquota Aspi dovuta (*)
Artigianato
0,91%
0,40%
Imprese radiotelevisive e spettacolo, settore commercio con Cuaf ridotta
0,91%
0,40%
Agricoltura
0,94%
0,37%
Commercio e pubblici esercizi con Cuaf ridotta
1,13%
0,18%
Partiti politici e sindacati non soggetti a Cuaf
1,16%
0,15%
(*) Il contributo va incrementato dell'aliquota dello 0,30% di cui all'articolo 25 della legge n. 845/1978.
­ Per i lavoratori per i quali non trova applicazione il contributo di disoccupazione (esempio soci lavoratori di cooperativa, compresi DPR 602/1970 e L. 250/1958 industria della pesca, con rapporto, oltre a quello associativo, di lavoro subordinato - L. 142/2001 ­ personale artistico, teatrale cinematografico) e le predette quote di riduzione risultino interamente applicate, potrà essere disposto un allineamento graduale (con Dm) con incrementi annui (dal 2013) di 0,26 punti percentuali per gli anni dal 2013 al 2016 e di 0,27 punti percentuali per l'anno 2017. Ci potrà essere anche un graduale allineamento per il contributo 0,30% (0,06% annuo) dovuto per la formazione (fondo interprofessionale). Durante il riallineamento verranno rideterminate anche le prestazioni in funzione della contribuzione versata.
­ Anche per gli apprendisti, dal 2013, occorre versare la contribuzione per l'Aspi nella misura dell' 1,31% (esclusa dallo sgravio, per le assunzioni fino al 31.12.2016, previsto per le aziende fino a 9 addetti introdotto dall'art. 24 della legge n. 183/ 2011), più il contributo 0,30% destinato ai fondi interprofessionali per la formazione (complessivamente 1,61%).
L'Inps ha precisato che ­ stante la tecnica legislativa utilizzata ­sul contributo per gli apprendisti non trovano applicazione le riduzioni del cuneo contributivo di cui alle leggi n. 388/2000 e n. 266/2005, previste dal comma 26, dell'art, 2, della legge n. 92/ 2012. Potranno, invece, continuare ad operare ­ove spettanti ­le misure compensative ex art. 8 del Dl n. 203/2005, convertito con modificazioni nella legge n. 248/2005 (trattasi della riduzione a favore delle contribuzioni minori, che può comprendere anche il contributo di disoccupazione, ora Aspi, nella misura, per il 2013, di 0,27 punti percentuali, in proporzione alla perdita del Tfr dovuta per effetto del versamento dello stesso a un fondo di previdenza complementare e/o al Fondo di tesoreria gestito dall'Inps).
B) Contribuzione addizionale
­ con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dall'1.1.2013, ai rapporti di lavoro subordinato diversi da quelli a tempo indeterminato (per le eccezioni si veda il punto successivo) si deve applicare un contributo addizionale fissato nella misura dell' 1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.
Conseguentemente l'aliquota complessiva, di finanziamento dell'Aspi, si attesterà al 2,71%, più il contributo 0,30 per la formazione ­fondi interprofessionali, complessivamente 3,01%.
Tale contributo interessa tutti i rapporti di lavoro non a tempo indeterminato in essere al 1° gennaio 2013 e non solamente quelli instaurati a far tempo dalla medesima data.
­ Il contributo addizionale non deve essere versato:
-­ per i lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti;
-­ per i lavoratori assunti a termine per lo svolgimento di attività stagionali (Dpr n. 1525/1963) nonché ­ per i periodi contributivi maturati dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 ­ per lo svolgimento delle attività stagionali definite tali dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011, dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative;
-­ per gli apprendisti;
-­ per i lavoratori dipendenti della Pa.
­ L'aliquota aggiuntiva dell'1,4% non ha effetto per i soggetti che vengono assunti con l'incentivazione che rinvia alla contribuzione apprendisti (per esempio assunti dalle liste di mobilità).
­ Se il rapporto di lavoro a termine viene trasformato a tempo indeterminato al datore di lavoro potranno essere restituite le ultime sei mensilità del contributo addizionale.

La restituzione spetta anche quando l'assunzione a tempo indeterminato avviene entro il termine di sei mesi dalla cessazione del contratto a tempo determinato. La restituzione avviene detraendo dalle mensilità spettanti un numero di mensilità ragguagliato al periodo trascorso dalla cessazione del precedente rapporto di lavoro a termine.



C) Contributo licenziamento
La legge n. 92/2012, e successive modificazioni, ha stabilito che in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che intervengono dall'1.1.2013, per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto (anche teoricamente, vale a dire a prescindere dall'effettiva percezione della stessa) alla nuova Aspi (sono quindi escluse dall'obbligo contributivo: le dimissioni - ad eccezione di quelle per giusta causa e nel periodo tutelato dalla maternità; le risoluzioni consensuali - fatta eccezione per quelle sottoscritte a seguito dell'attivazione della procedura di cui all'art. 7 della legge n. 604/1966; le dimissioni derivanti da trasferimento del dipendente ad altra sede distante oltre 50 km dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti e più con i mezzi pubblici; la cessazione del rapporto per morte del lavoratore), il datore di lavoro è tenuto a versare all'Inps una somma pari al 41% del massimale mensile di Aspi, (valore corrispondete, secondo l'Inps, al massimale retributivo utile per il calcolo dell'Aspi base - 75% della retribuzione media, per il 2013 pari a 1.180 euro - il 41% corrisponde a 483,80 euro ) per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Stante il nuovo impianto della norma, l’Inps precisa che il contributo è scollegato all’importo della prestazione individuale. Conseguentemente, lo stesso è dovuto nella misura indicata (483,80 euro per ogni 12 mesi) a prescindere dalla tipologia del rapporto di lavoro cessato (full time o part time).

Il calcolo

Conseguentemente, il contributo – per tutte le risoluzioni che comportano il pagamento e che sono intervenute a partire dal 1° gennaio 2013 - deve essere determinato in base ai seguenti parametri:

1)  importo da prendere a base per il calcolo per l’anno 2013 = 1.180 euro;

2)  percentuale da applicare all’importo base = 41%, ossia 483,80 euro per ogni anno di anzianità aziendale negli ultimi 3 anni;

3)  per ogni mese di anzianità la somma da versare sarà pari a € 40,32 (€1.180 x 41%/12).

4) per i dipendenti con un'anzianità superiore a 3 anni, il contributo massimo dovuto è sempre pari a 1.451,40 euro , ovvero € 1180 x 41% x 3.                                                                
N.B. Per i rapporti di lavoro di durata inferiore a 12 mesi, il contributo va rideterminato in proporzione al numero dei mesi di durata del rapporto di lavoro; a tal fine, si considera mese intero quello in cui la prestazione lavorativa si sia protratta per almeno 15 giorni di calendario.


Le modifiche fiscali per finanziare l’Aspi e le altre prestazioni previdenziali

Al fine di garantire le necessarie coperture finanziarie sulle misure previste dalla cosiddetta “Riforma Fornero” (L. 28 giugno 2012, n.92), sono state introdotte consistenti modifiche alle disposizioni relative alla deducibilità delle auto. In particolare, l’ articolo 4 comma 74 della L. 92/2012 modifica, a partire dal 2013, il regime di tassazione ordinaria dei canoni di locazione dei fabbricati previsto dall’articolo 37 comma 4-bis del TUIR. Cambiano infatti le percentuali dell'articolo 164, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Nella sostanza il limite di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi relativi alle autovetture ed ai veicoli utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni (diversi da quelli di cui al n.1, lett. a, comma 1 del D.P.R. 917/1986) diminuirà dal 40% al 20%, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della norma. In pratica i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare vedranno applicate le nuove disposizioni con decorrenza 1° gennaio 2013. Viene altresì modificata la percentuale relativa ai veicoli dati in uso ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta. Tali oneri, sempre dal prossimo anno, saranno infatti deducibili nella misura del 70%, in luogo della ben più rilevante percentuale del 90%

La nuova deducibilità
Le novità normative riguardano non solo i titolari di reddito di impresa ma anche i lavoratori autonomi. Nel caso di esercizio di arti e professioni, la deducibilità è ammessa, nella suddetta misura del 20% limitatamente ad un solo veicolo; se l’attività è svolta da società semplici e da associazioni di cui all’art. 5, D.P.R. 917/1986, la deducibilità è consentita soltanto per un veicolo per ogni socio o associato. La novità non riguarda le categorie particolari di lavoratori autonomi. Infatti:
-         resta invariata la percentuale dell’80% per i veicoli utilizzati dagli agenti e rappresentanti di commercio a cui sono assimilati i promotori finanziari e gli agenti e sub agenti di assicurazione (cfr. circolare n. 48/E/1998);
-         restano integralmente deducibili le spese relative ai veicoli adibiti a uso pubblico, per i quali vi sia un atto rilasciato dalla pubblica amministrazione che attesti tale destinazione (per esempio servizio taxi);
-         restano integralmente deducibili le spese relative ai veicoli destinanti esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa, vale a dire “senza i quali l’attività stessa non può essere esercitata”. E’ il caso delle autovetture possedute dalle imprese di noleggio utilizzate dalle scuole guida (cfr. circolari 37/E/1997 e 48/E1998).
La precedente deducibilità dei costi auto  - art. 164 del Tuir
Allo stato attuale e sotto il profilo strettamente fiscale, è previsto un tetto massimo di riconoscimento fiscale del costo di acquisto sostenuto (art. 164 co. 1 lett. b) del TUIR). In particolare, ai fini della deducibilità, non si tiene conto della parte di costo, compresa l’IVA indetraibile, che eccede:
-         Euro 18.075,99 per autovetture e autocaravan;
-         Euro 4.131,66 per i motocicli;
-         Euro 2.065,83 per i ciclomotori.
Occorre, altresì, osservare come tali limiti operino congiuntamente con la limitazione percentuale ( che per l’anno precedente era pari al 40%). Pertanto, il costo massimo fiscalmente deducibile prima delle modifiche era pari a:
-         Euro 7.230,39 (40% di 18.075,99euro) per autovetture e autocaravan;
-         Euro 1.652,66 (40% di 4.131,66 euro) per i motocicli;
-         Euro 826,33 (40% di 2.065,83 euro) per i ciclomotori.
Le modifiche apportate dalla riforma del mercato del lavoro
L’art. 4, commi 72 e 73, della riforma del mercato del lavoro ha previsto la riduzione della percentuale di deducibilità dei costi relativi alle auto di imprese e professionisti, nella seguente misura: riduzione dal 40% al 27,5% della quota di deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi relativi alle autovetture, agli autocaravan, ai ciclomotori e ai motocicli, che non sono utilizzati esclusivamente come beni strumentali all’attività d’impresa.  La predetta disposizione nulla ha cambiato, invece, per quanto riguarda il tetto massimo di riconoscimento fiscale del costo di acquisto sostenuto (art. 164 co. 1 lett. b) del TUIR). Più in particolare, quindi, con la riforma del lavoro le detrazioni relative alle flotte aziendali sarebbero passate dal vecchio 40% al 27,5%  imporranno un importo massimo di deduzione del costo di acquisto da 7.230,40 euro a 4.970,90 (costo fiscale 18.075,99 euro). Saranno, inoltre, deducibili anche le spese relative all’utilizzo dei veicoli. Tra tali spese rientrano quelle relative a:
_ carburanti e lubrificanti;
_ tassa di proprietà;
_ assicurazione Rc auto;
_ pedaggi autostradali;
_ custodia;
_ manutenzioni o riparazioni non incrementative;
_ Iva indetraibile corrisposta in sede di acquisto dell’autovettura.

Le modifiche apportate dalla Legge di stabilità 2013
Come detto in premessa, la legge di stabilità per l’anno 2013, modificando la Riforma Fornero  ha tuttavia ulteriormente ristretto la quota di deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi relativi alle autovetture, agli autocaravan, ai ciclomotori ed ai motocicli, che non sono esclusivamente strumentali per l’esercizio dell’attività propria dell’impresa o che non sono adibiti ad uso pubblico. Nello specifico, modificando l’articolo 164 del TUIR, viene ridotta dal 40% al 20% ( e non più al 27%) la quota di deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi relativi ai predetti automezzi, che non sono utilizzati esclusivamente come beni strumentali all’attività d’impresa . Alla luce della nuova percentuale del 20% sarà pari a:
- 3.615,20 euro (20% di 18.075,99 euro) per autovetture e autocaravan;
- 826,34 euro (20% di 4.131,66 euro) per i motocicli;
- 413,17 euro (20% di 2.065,83 euro) per i ciclomotori.

Tetto massimo di riconoscimento fiscale per leasing e noleggio autoveicolo
Focalizziamo la situazione relative al noleggio. I costi sostenuti in seguito alla stipula di un contratto di noleggio auto risentono, come per le auto di proprietà, della limitazione alla deducibilità. L’art. 164 intende equiparare i costi sostenuti per il noleggio ai costi sostenuti in forza di un contratto di locazione finanziaria e all’acquisto dell’auto di proprietà e sono pertanto deducibili nella misura del 40% del costo sostenuto. Con la Legge di stabilità ( di modifica alla Riforma del lavoro il costo massimo a cui commisurare l’aliquota del 20% per il calcolo del canone dovrà essere così ricalcolata :
-  su euro 3.615,20 per le autovetture e gli autocaravan la quota max  deducibile nell’anno per i costi di noleggio ammonta ad euro 723,04;
- su euro 774,69 per i motocicli la quota max deducibile nell’anno ammonta ad euro 154,94;
- su euro 413,17 per i ciclomotori la quota max deducibile nell’anno ammonta ad euro 82,64.

Il limite percentuale previsto deve essere rispettato anche con riferimento alle spese relative all’acquisto di carburanti e lubrificanti, al bollo auto, all’assicurazione, alle spese di manutenzione e riparazione, nonché alle spese di custodia (tipicamente, spese per il parcheggio).

Autoveicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti
L’ art. 4, co. 72, lett. b), L. 92/2012, riduce, a partire dal periodo d’imposta 2013, dal 90% al 70% la deducibilità delle spese sostenute per i veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta. Si ricorda  come nella Circolare ministeriale n. 48/1998, si considera dato in uso promiscuo al dipendente per la maggior parte del periodo d’imposta il veicolo utilizzato dallo stesso per la metà più uno dei giorni che compongono il periodo d’imposta del datore di lavoro. Pertanto, ad esempio, nell’ipotesi in cui il periodo d’imposta di un’impresa decorra dal 1° luglio al 31 dicembre (per un totale di 184 giorni) e che l’acquisto dell’autovettura sia avvenuto il 1° settembre, la condizione posta dalla norma può ritenersi soddisfatta allorché l’autovettura sia stata data in uso promiscuo al dipendente entro il 29 settembre (93 giorni al termine del periodo d’imposta). Ai fini del conteggio della durata dell’utilizzo del veicolo da parte del dipendente nel periodo d’imposta non è necessario che tale utilizzo sia avvenuto in modo continuativo né che il veicolo sia stato utilizzato da uno stesso dipendente. Si sottolinea che la norma riguarda qualunque datore di lavoro, sia che svolga un’attività d’impresa sia che svolga un’attività artistica o professionale. Pertanto, in caso di auto concesse in uso promiscuo al dipendente per più di 183 giorni l’anno, la deduzione passa al 70%, contro il vecchio 90%. Il rimanente 30% deve essere tassato al dipendente, aumentando il reddito con un importo corrispondente alla percorrenza convenzionale di 15.000 Km, moltiplicato per la relativa tariffa ACI, al netto delle eventuali trattenute al dipendente.
Nel caso di auto per solo utilizzo aziendale la riduzione delle detrazioni, pari al 31,25%, induce le imprese a farsi un po’ di calcoli e a conti fatti diventa evidente che dal 2013, piuttosto che acquistare auto intestandole all’azienda da dare in usufrutto ai dipendenti, per le aziende risulta più conveniente procedere con il rimborso chilometrico.
Per quanto concerne le ipotesi dei veicoli concessi in uso a titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, ovvero all’amministratore di società, è opportuno rammentare che la circolare 19 gennaio 2007, n. 1/E dell’Agenzia delle Entrate ha confermato l’orientamento già espresso dalla precedente circolare 26 gennaio 2001, n. 5/E, laddove era stato chiarito che l’assimilazione del trattamento fiscale dei redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata ai redditi di lavoro dipendente riguarda le modalità di determinazione del reddito del collaboratore ai fini delle imposte dirette e non si configura quale assimilazione delle due tipologie di rapporto di lavoro a tutti gli effetti di legge; di conseguenza tale assimilazione non opererebbe per le disposizioni che regolano la deduzione dal reddito d’impresa o di lavoro autonomo e, per le spese auto, la soglia di riferimento è quella attuale del 40% oppure, a decorrere dal 2013, del 25%.
Diverso è il caso di auto aziendali utilizzate da agenti e rappresentanti di commercio, per le quali la detrazione resta fissa all’80%, e di taxi, scuole guida o noleggio, deducibili al 100%.

Sintesi deducibilità spese auto
- Auto uso Professionisti e Imprese: passa dal 40% al 20% la quota di deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi relativi alle autovetture, agli autocaravan, ai ciclomotori e ai motocicli, che non sono utilizzati esclusivamente come beni strumentali all’attività d’impresa. Anche nel caso di esercizio di arti e professioni, la deducibilità dei costi e spese auto è del 20%, limitatamente ad un solo veicolo mentre se l’attività è svolta da società semplici e da associazioni, la deducibilità è consentita soltanto per un veicolo per ogni socio o associato.
- Auto ad uso rappresentanti: Resta invariata la percentuale di deducibilità per gli agenti ed i rappresentanti di commercio, promotori finanziari e degli agenti di assicurazione fissata nella misura dell’80%.
- Auto concesse ad uso promiscuo ai dipendenti: ridotta a partire dal 2013 la percentuale di deducibilità, di cui all’art. 164 della lettera b-bis) del TUIR, prevista per le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta, quindi per le auto concesse per svolgere l’attività lavorativa che per il proprio tempo libero, dal 90% al 70%. Il limite di valore fiscalmente riconosciuto alle auto ad uso promiscuo rimane invariato a seguito della nuova riforma. L’utilizzo promiscuo dell’autoveicolo dato in concessione ai dipendenti deve essere superiore per la metà più uno dei giorni che compongono il periodo d’imposta del datore di lavoro (cfr. C.M.48/1998, paragrafo 2.1.2.1).
Franchigia per il premio assicurativo - SSN
Lo stesso art. 4, co. 76 della Legge 28 giugno 2012, n. 92 fissa, a decorrere dal periodo di imposta 2012, una franchigia di € 40 in riferimento al contributo al Servizio sanitario nazionale applicato su premi assicurativi per la responsabilità civile per danni causati alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, per il quale l’impresa di assicurazione abbia esercitato il diritto di rivalsa nei confronti del contraente. In pratica, se fino al periodo d'imposta 2011, in sede di dichiarazione dei redditi Unico 2012 e 730/2012 è stato possibile dedurre l'intero contributo SSN, con l’entrata in vigore della Riforma Fornero, nelle prossime dichiarazioni dei redditi Unico 2013 e 730/2013 potrà essere dedotta solo la parte dei contributi SSN che eccede i 40 euro. Per esempio, chi paga 100 euro di contributo Ssn, oggi ottiene uno sconto Irpef su tutti i 100 euro; dal prossimo anno su 60 euro (cioè al netto della franchigia di 40 euro). In sostanza, il contributo SSN diventa deducibile dal reddito complessivo del contribuente solo per la parte che eccede i € 40.

Le ulteriori forme di finanziamento

Reddito da locazione
Altra novità contenuta nella legge di riforma del mercato del lavoro interessa l’articolo 37 Tuir, in tema di determinazione del reddito dei fabbricati. In particolare si modifica il comma 4-bis, per cui la riduzione forfettaria riconosciuta per i redditi che derivano da contratti di locazione di immobili, ai fini della determinazione Irpef, si abbassa dall’attuale 15% al 5 per cento. Questa riduzione entra in vigore nel 2013.
Tassa imbarco aerei
Entra in vigore anche il prossimo anno e in modo particolare dal 1° luglio 2013, l’aumento di 2 euro per passeggero dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco sugli aerei. Introdotta con la finanziaria 2004, l’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sugli aeromobili ha attualmente misura pari ad 1 euro per passeggero imbarcato. Il gettito che ne deriva è utilizzato in quote diverse, di cui il 20 per cento del totale a favore dei comuni del sedime aeroportuale o con lo stesso confinanti e il restante 80% invece al finanziamento di misure volte alla prevenzione e al contrasto della criminalità e al potenziamento della sicurezza nelle strutture aeroportuali e nelle principali stazioni ferroviarie. La legge di riforma del mercato del lavoro del ministro Fornero ha previsto che questa addizionale venga incrementata di due euro a passeggero imbarcato. Le maggiori somme derivanti da questo incremento, dovranno essere riversate all’Inps, come sostegno alle gestioni previdenziali.

Aspi e applicazione degli incentivi alle assunzioni alla luce della legge 92/2012
L’Inps la circolare n. 137/2012  è intervenuta a fornire chiarimenti in merito all’applicazione della normativa sugli incentivi alle assunzioni alla luce dei principi generali introdotti dall’art. 4, commi 12-15, della legge 92/2012. In particolare, l’Istituto analizza le ripercussioni della novella legislativa in relazione a due tipologie di benefici: gli incentivi per l’assunzione dei lavoratori disoccupati o in CIGS da almeno 24 mesi e gli incentivi per l’assunzione dei lavoratori iscritti alle liste di mobilità. La circolare, inoltre, evidenzia che in materia di incentivi all’assunzione, la Legge 92/2012:  
ü       modifica la disciplina dello stato di disoccupazione, rilevante anche in materia di incentivi;
ü       abroga – a decorrere dal primo gennaio 2017 – gli incentivi per l’assunzione dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità;
ü       abroga – a decorrere dal primo gennaio 2013 – il contratto di inserimento, di cui agli articoli 54 e seguenti del d.l.vo 276/2003;
ü       introduce – a decorrere dal primo gennaio 2013 – un nuovo incentivo per l’assunzione di lavoratori over50 e donne;
ü       modifica l’articolo 8, co. 9, legge 407/1990, riguardante gli incentivi per l’assunzione dei lavoratori disoccupati o in cigs da almeno 24 mesi;
ü       fissa alcuni principi generali applicabili agli incentivi per le assunzioni, compresi quelli previsti dall’articolo  8,  comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, e dagli articoli 8, commi  2 e 4, e 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223;
ü       mantiene nella misura vigente (attualmente il 10%) l’aliquota agevolata applicabile a tutti quegli incentivi, la cui specifica disciplina rinvia alla contribuzione dovuta per gli apprendisti; l’articolo 2, co. 37, esclude espressamente dal rinvio la maggiore contribuzione connessa all’Assicurazione Sociale per l’Impiego – AspI, dovuta per gli apprendisti dal primo gennaio 2013;
ü       prevede che l’Inps raccolga, secondo modalità da esso definite,  dalle  regioni  e  dalle province le informazioni di propria competenza necessarie per il riconoscimento degli incentivi  all’assunzione.

Regole generali

La legge 92/2012 intende assicurare una disciplina omogenea delle condizioni di spettanza degli incentivi, introducendo alcuni principi generali, applicabili a tutti gli incentivi.
La prima regola, prevista dal comma 12, lettere a) e b), dell'art. 4 della legge n. 92/2012, è che il diritto all'agevolazione è escluso se l'assunzione avviene in attuazione di uno specifico obbligo previsto dalla legge e/o dalla contrattazione collettiva. In pratica l'agevolazione spetta solo al datore di lavoro che è libero di sceglie chi assumere, e che pertanto preferisce un soggetto che versa in gravi condizioni di disagio (come il lavoratore disoccupato o in Cigs da almeno 24 mesi, o quello licenziato a seguito di mobilità). Al fine di interpretare il comma, l'Istituto distingue le due previsioni contemplate rispettivamente dalle lettere a) e b):
- la lettera a) del comma 12 dell'art. 4 prevede la non spettanza del beneficio laddove la nuova assunzione agevolata sia effettuata in adempimento di uno specifico obbligo di legge o della contrattazione collettiva;
- la lettera b) del medesimo comma 1 prevede invece l'esclusione dal beneficio laddove la nuova assunzione sia effettuata in violazione dell'obbligo preesistente derivante da una specifica norma di legge o di contratto collettivo.
Al fine di rendere più tangibili gli effetti della nuova regola, l'Istituto fornisce tre esempi di norme di legge che impongono al datore di lavoro che intende assumere l'obbligo di scegliere, o meglio di dare precedenza nelle scelte, ad un determinato lavoratore (in precedenza licenziato).
L'art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949, ad esempio, riconosce un diritto di precedenza alla riassunzione entro 6 mesi a favore del lavoratore a tempo indeterminato licenziato per giustificato motivo oggettivo (connesso a ragioni aziendali) o per riduzione collettiva del personale.
Analogo diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato è attribuito dall'art. 5 comma 4-quater del Dlgs n. 368/2001 al lavoratore a tempo determinato il cui rapporto di lavoro è scaduto negli ultimi 12 mesi (ovvero agli stagionali, in caso di nuove assunzioni a termini nell'ambito delle medesime attività stagionali, comma 4-quinquies). A tal proposito ricordiamo gli ulteriori requisiti ai quali è di fatto legata la maturazione del diritto di precedenza in favore dei dipendenti a termine:
- i lavoratori devono essere stati complessivamente in forza presso l'azienda per almeno 6 mesi (anche con l'utilizzo di più contratti);
- le nuove assunzioni devono essere effettuate per l'espletamento delle medesime mansioni svolte dall'ex lavoratore a termine;
- l'ex lavoratore deve manifestare in modo formale, entro 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, la sua volontà di esercitare il diritto di precedenza, fermo restando la sua estinzione nei 12 mesi successivi alla cessazione medesima.
Anche nell'ambito di trasferimento di aziende in crisi ai sensi del comma 5 dell'art. 47 della legge n. 428/1990 (ad esempio in situazioni di fallimento), per il quale non si applicano le previsioni dell'art. 2112 c.c., il comma 6 della medesima norma riconosce una precedenza nelle nuove assunzioni (sia a termine che a tempo indeterminato) in favore di quei lavoratori che non transitano immediatamente alle dipendenze del cessionario. Il diritto di precedenza ha una durata di 12 mesi dalla data del trasferimento o del periodo più ampio eventualmente previsto dall'accordo collettivo. Il datore di lavoro, però prima di ricorrere ad un contratto di tipo agevolato, deve altresì verificare che il proprio contratto collettivo non preveda particolari obblighi di assunzione, come ad esempio il Ccnl pulizia che, in caso di subentro di una nuova azienda in un contratto di appalto, prevede l'obbligo per quest'ultima di assumere i dipendenti dell'azienda uscente. In pratica, in tutti i casi in cui l'assunzione di quel lavoratore è frutto di un obbligo di legge o contrattuale, che ad esempio, come nei casi sopra illustrati dall'Istituto, prevede uno specifico diritto di precedenza per il dipendente medesimo, il datore di lavoro non ha diritto a fruire della relativa agevolazione.
In conformità alle previsioni della lettera b) del comma 12 dell'art. 4, legge n. 92/2012, le agevolazioni non spettano anche nell'ipotesi in cui il datore di lavoro abbia proceduto ad una nuova assunzione, violando però il diritto di precedenza acquisito da un altro dipendente cessato.
Per poter legittimamente fruire del beneficio è essenziale che l'azienda offra preventivamente il posto di lavoro al lavoratore titolare del diritto di essere preferito. L'esclusione dal beneficio trova applicazione, in entrambi i casi sopra menzionati, anche qualora il lavoratore sia utilizzato attraverso un contratto di somministrazione, posto che il datore di lavoro utilizzatore comunque beneficerebbe, sebbene indirettamente, dell'agevolazione, mediante il riaddebito di un minore onere contributivo. L’ Istituto sottolinea che il vincolo generalizzato non trova invece applicazione per le assunzioni di disabili gravi effettuate tramite convenzioni ai sensi dell'art. 13 della legge n. 68/1999
Gli altri casi di limitazione all’ammissione dei benefici
L’ammissione ai benefici incontra altresì limitazioni nel caso in cui il datore di lavoro o l’utilizzatore abbiano alle proprie dipendenze lavoratori sospesi per crisi o riorganizzazione, anche ai sensi dell’art. 19 D.L. 185/2008.
L’articolo 4, co. 12, lettera c) recita infatti : “gli incentivi non spettano se il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione abbiano in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l’assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all’acquisizione di professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori sospesi oppure siano effettuate presso una diversa unità produttiva.”                     Si evidenzia che, a differenza dell’obbligo di assunzione – che, per le ipotesi previste dalle lettere a) e b) del comma 12 – si riferisce al datore di lavoro o utilizzatore nella sua interezza -, in caso di sospensione va invece considerata solo la situazione della singola unità produttiva.
L’articolo 4, co. 12, lettera d) recita: “gli incentivi non spettano con riferimento a quei lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume ovvero risulti con quest’ultimo in  rapporto di collegamento o controllo; in caso di somministrazione tale condizione si applica anche all’utilizzatore”. Il beneficio è escluso anche nel caso in cui la vicenda riguardi il datore di lavoro che ha licenziato il lavoratore e l’utilizzatore cui venga somministrato.
Inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie, previste dal DM del 30 ottobre 2007.
In merito alla conseguenze, in materia di fruizione degli incentivi all’assunzione, del tardivo invio delle comunicazioni telematiche obbligatorie, previste dal Decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 30/10/2007 (Unilav, Unisomm, ecc.), l’articolo 4, co. 15, l. 92/2012, dispone: “L’inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie inerenti l’instaurazione e la modifica di un rapporto di lavoro o di somministrazione producono la perdita di quella parte dell’incentivo relativa al periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione.”
Osservanza delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro
Gli incentivi sono subordinati altresì al rispetto delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro.
“i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva”; e ai fini del rilascio di quest’ultimo, inoltre,“ l’interessato è tenuto ad autocertificare l’inesistenza a suo carico di provvedimenti, amministrativi o giurisdizionali, definitivi in ordine alla commissione delle violazioni di cui all’allegato A [del citato decreto ministeriale] ovvero il decorso del periodo indicato dallo stesso allegato relativo a ciascun illecito”.

Gli incentivi per l’assunzione di lavoratori disoccupati o in cigs da almeno 24 mesi.

L’art. 8, comma 9, della legge 407/1990 prevede che per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato di lavoratori disoccupati o in cigs da almeno 24 mesi sia previsto, a favori dei datori di lavoro, uno sgravio contributivo nella misura del 50% per un periodo di 36 mesi. La legge 92/2012 ha modificato la disciplina delle cause ostative al godimento dell’incentivo, escludendo il beneficio solo nel caso di licenziamenti intimati per giustificato motivo oggettivo o per riduzione del personale (la precedente disposizione prevedeva che qualunque tipo di licenziamento impediva l’accesso all’incentivo), vale a dire per quelle assunzioni effettuate in sostituzione di lavoratori licenzianti per giustificato motivo oggettivo. L’Inps precisa che la suddetta condizione ostativa deve riferirsi solo a quei casi i cui si configura una violazione di un diritto di precedenza all’assunzione. Di conseguenza, l’incentivo spetta qualora, nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per riduzione del personale, venga offerto il lavoro ai dipendenti licenziati e questi rifiutino. Per quanto riguarda le imprese artigiane, la disciplina in materia non viene toccata dalla riforma. Pertanto, le assunzioni effettuate dalle suddette aziende comportano lo sgravio contributivo del 100% per un periodo di 36 mesi.
Con riferimento al cumulo degli incentivi, la circolare precisa che l’incentivo in oggetto è riconosciuto anche nel caso di trasformazione a tempo indeterminato di un precedente contratto a tempo determinato, ma non spetta se la trasformazione avviene nei confronti di un lavoratore che ha maturato un diritto di precedenza all’assunzione.
L’incentivo spetta che nelle ipotesi di assunzione/trasformazione a tempo indeterminato a scopo di somministrazione. In tal caso il beneficio spetta per 36 mesi, compresi gli eventuali periodi i cui il lavoratore rimane in attesa di assegnazione.
Cumulo degli incentivi.
L’articolo 4, co. 13, recita: “Ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore ha prestato l’attività in favore dello stesso soggetto, a  titolo di lavoro subordinato o  somministrato; non si cumulano le prestazioni in somministrazione effettuate dallo stesso lavoratore nei confronti di diversi utilizzatori, anche se fornite dalla medesima agenzia di somministrazione di lavoro, di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo n. 276 del 2003, salvo che tra gli utilizzatori ricorrano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti ovvero intercorrano rapporti di collegamento o controllo.”
Tale disposizione stabilisce un’equivalenza tra l’utilizzazione diretta e indiretta di uno stesso lavoratore, per cui la durata massima prevista dalle varie norme, che contemplano incentivi all’assunzione, deve essere valutata considerando  sia gli incentivi goduti quando il lavoratore era alle dirette dipendenze di un determinato soggetto sia gli incentivi goduti durante eventuali periodi di utilizzazione indiretta, da parte dello stesso soggetto mediante un contratto di somministrazione.
Ad esempio la circolare Inps analizza facendo esplicito riferimento alle agevolazioni previste in caso di assunzione di lavoratori disoccupati o in CIGS da almeno 24 meni e di lavoratori iscritti alle liste di mobilita` fornendo degli esempi.
  • Esempio 1: assunzione a tempo determinato dalle liste di mobilita`: il beneficio contributivo massimo di 12 mesi sara` concesso anche nel caso in cui il datore di lavoro utilizzi per sei mesi il lavoratore con un contratto di somministrazione e nella eventuale successiva assunzione dello stesso lavoratore con contratto a tempo determinato l`agevolazione spettera` per sei mesi.
  • Esempio 2: assunzione a tempo determinato dalle liste di mobilita` : il beneficio massimo di 12 mesi sara` concesso anche nel caso in cui il datore di lavoro utilizzi il lavoratore agevolato attraverso un contratto di somministrazione pari a dodici mesi, non spettera` alcuna agevolazione nell`eventualita` di successiva assunzione dello stesso lavoratore con contratto a tempo determinato.
Assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità
Le regole generali dettate dalla legge 92/2012 in relazione al diritto di precedenza nelle assunzioni valgono anche per gli incentivi all’assunzione dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità.
Con riferimento al cumulo degli incentivi, la circolare afferma che l’assunzione a tempo indeterminato, successiva ad un rapporto a tempo determinato originariamente instaurato con un lavoratore iscritto alle liste di mobilità, deve essere equiparata alla trasformazione a tempo indeterminato prevista dall’art. 8, c. 2, legge 223/1991. Pertanto, per un’assunzione a tempo indeterminato che segua, con o senza soluzione di continuità, un’assunzione a termine dalle liste di mobilità, spetta la riduzione contributiva per 12 mesi, a cui si aggiunge il contributo mensile di cui all’art. 8, c. 4, l. 223/1991. Tali benefici non spettano nei casi in cui l’assunzione sia dovuta al rispetto del diritto di precedenza.
Nel caso di somministrazione l’incentivo spetta all’agenzia di somministrazione sia per le assunzioni a tempo determinato che indeterminato; in caso di assunzione a tempo indeterminato l’incentivo spetta sia per la somministrazione a tempo indeterminato che per i periodi di somministrazione a tempo determinato; spetta anche mentre il lavoratore è in attesa di assegnazione.
L’incentivo non spetta se l’agenzia di somministrazione assume entro sei mesi un lavoratore iscritto alle liste di mobilità,
Il diritto di precedenza all’assunzione
Le regole generali di cui ai commi 12 e 13 dell’articolo 4 della legge 92/2012 devono essere applicate agli incentivi per l’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità – previsti dagli art. 8, commi 2, 4 e 4 bis, e art. 25, comma 9, legge 223/1991 – art. 4, co. 1, decreto legge 148/1993, conv. con modd. con legge 236/1993, e succ. modd. e integrazioni, – in conformità alle indicazioni fornite in questo e nei successivi paragrafi. Come è noto, la legge 223/1991 prevede espressamente (art. 8, co. 2, ultimo periodo) specifici incentivi per la trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine, che duri anche fino a  dodici mesi, originariamente instaurato con un lavoratore iscritto nelle liste di mobilità; se la trasformazione è effettuata entro la scadenza del beneficio connesso al rapporto a tempo determinato, l’incentivo spetta a prescindere dalla circostanza che il lavoratore abbia maturato un diritto di precedenza all’assunzione a tempo indeterminato.
Esempi:
  • Il datore di lavoro stipula con un lavoratore iscritto nelle liste di mobilità  un contratto a termine di 12 mesi e lo trasforma allo scadere del dodicesimo mese; spetterà il beneficio complessivo di 24 mesi.
  • Il datore di lavoro stipula con un lavoratore iscritto nelle liste di mobilità  un contratto a termine di 15 mesi e poi lo trasforma al quindicesimo mese; spetterà al datore di lavoro solo la riduzione contributiva per i primi 12 mesi del rapporto; non spetta il beneficio per la trasformazione.
  • Il datore di lavoro stipula un  contratto per sei mesi, poi lo proroga per altri sei e infine lo trasforma a tempo indeterminato; spetterà al datore di lavoro la riduzione contributiva per complessivi 24 mesi.
  • Il datore di lavoro stipula un  contratto per sei mesi, poi lo proroga per altri nove e infine lo trasforma a tempo indeterminato; spetterà al datore di lavoro la riduzione contributiva per i primi 12 mesi (cumulando l’intera durata del primo rapporto e i primi sei mesi del secondo rapporto, conseguente alla proroga); spetta il beneficio per la trasformazione, se questa interviene (e decorre) entro i primi sei mesi del secondo rapporto; non spetta il beneficio per la trasformazione se questa interviene successivamente, perché viene superato il termine di dodici mesi complessivi previsto dall’art. 8, co. 2, l. 223/1991.
  • Il datore di lavoro stipula un contratto per tre mesi, poi – trascorsi sessanta giorni, in conformità di quanto previsto dall’art. 5, co, 3, d.l.vo 368/ 2001, in materia di successione dei contratti a termine – stipula un secondo contratto per nove mesi e infine effettua la trasformazione a tempo indeterminato; spetterà il beneficio di 12 mesi complessivi per i rapporti a termine e poi la riduzione di dodici mesi conseguente alla trasformazione.
  • Il datore di lavoro stipula un contratto per tre mesi, poi – trascorsi sessanta giorni, in conformità di quanto previsto dall’art. 5, co, 3, d.l.vo 368/ 2001, in materia di successione dei contratti a termine – stipula un secondo contratto per 12 mesi e infine effettua la trasformazione a tempo indeterminato: spetterà il beneficio di 12 mesi complessivi per i rapporti a termine; l’incentivo per la trasformazione spetterà se questa interviene (e decorre) entro il nono mese del secondo rapporto.

I principi generali per le agevolazioni
·                     gli incentivi non spettano se l'assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva
·                     gli incentivi sono esclusi anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all'assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione


·                     gli incentivi non spettano se l'assunzione viola il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine
·                     gli incentivi sono esclusi anche nel caso in cui, prima dell'utilizzo di un lavoratore mediante contratto di somministrazione, l'utilizzatore non abbia preventivamente offerto la riassunzione al lavoratore titolare di un diritto di precedenza per essere stato precedentemente licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine


·                     gli incentivi non spettano se il datore di lavoro o l'utilizzatore con contratto di somministrazione abbiano in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l'assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all'acquisizione di professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori sospesi oppure siano effettuate presso una diversa unità produttiva


·                     gli incentivi non spettano con riferimento a quei lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume ovvero risulti con quest'ultimo in rapporto di collegamento o controllo; in caso di somministrazione tale condizione si applica anche all'utilizzatore


·                     ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore ha prestato l'attività in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro subordinato o somministrato; non si cumulano le prestazioni in somministrazione effettuate dallo stesso lavoratore nei confronti di diversi utilizzatori, anche se fornite dalla medesima agenzia di somministrazione di lavoro, salvo che tra gli utilizzatori ricorrano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti ovvero intercorrano rapporti di collegamento o controllo
·                     l'inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie inerenti l'instaurazione e la modifica di un rapporto di lavoro o di somministrazione producono la perdita di quella parte dell'incentivo relativa al periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione


·                     i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, per il rilascio del quale l'interessato è tenuto ad autocertificare l'inesistenza a suo carico di provvedimenti, amministrativi o giurisdizionali, definitivi per gli illeciti penali o amministrativi in materia di tutela delle condizioni di lavoro, ovvero il decorso del periodo indicato dall'allegato A del D.M. 24 ottobre 2007 relativo a ciascun illecito



Abrogazioni
La realizzazione del nuovo sistema prevede la cancellazione di una serie di discipline, delle
quali ricordiamo le più significative; dal 1° gennaio 2013 vengono dunque abrogate:
- art. 19, comma 1, lettere a), b) e c) del D.L. n. 185/2008, convertito in Legge n. 2/2009
- utilizzo dell’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola ordinaria e con requisiti
ridotti nei casi di sospensione dal lavoro nei settori non coperti da CIG, in concorso con
l’intervento degli enti bilaterali (art. 2, comma 55, Legge 28 giugno 2012 n. 92);
-         art. 19, comma 2, del D.L. n. 185/2008, convertito in Legge n. 2/2009 – una tantum per
la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto (art. 2,
comma 69, Legge 28 giugno 2012 n. 92)
-         art. 7, comma 3, del D.L. n. 86/1988, convertito in Legge n. 160/1988 – indennità di
disoccupazione non agricola con requisiti ridotti.
Con decorrenza 1° gennaio 2016 viene abrogato l’art. 3 della Legge n. 223/1991, ossia la
disciplina della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria per procedure concorsuali, quali il
fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, l'amministrazione straordinaria, il
concordato preventivo (art. 2, comma 70, Legge 28 giugno 2012 n. 92).
Con effetto dal 1° gennaio 2017 sono abrogate le seguenti disposizioni (Legge n. 223/91, art. 3) 
a) Art.5, commi 4-5-6: versamento somma equivalente al trattamento di mobilità all’Inps
b) Artt. da 6 a 9: lista di mobilità e compiti della CRI – indennità di mobilità – collocamento dei lavoratori in mobilità – cancellazione del lavoratore dalle liste di mobilità
c) Art.10, comma 2: CIGO nell’edilizia (eventi non imputabili al datore di lavoro/lavoratore connessi al mancato rispetto dei termini previsti nei contratti d’appalto/alle varianti/ai provvedimenti dell’a.g.)
d) Art.16, commi 1-3: indennità di mobilità per i lavoratori disoccupati, in conseguenza di licenziamento per riduzione di personale (compresi i giornalisti)
e) Art. 25, comma 9: agevolazioni a favore del datore di lavoro in caso di assunzione di lavoratori a tempo indeterminato dalle liste di mobilità 
- nonché gli artt. da 9 a 19 della Legge n. 427/1975, istitutiva della indennità di disoccupazione speciale per gli operai edili.